Di Paolo Bertoli 
(Dal Sole 24 Ore e dal Web)

 

Il 2014 si avvia alla conclusione e appare evidente che non sarà l’anno del recupero come sperato, basti consultare gli ultimi dati economici deludenti sul PIL e sull’occupazione in Italia e nell’Eurozona, aggravati dai negativi effetti della crisi russo-ucraina. La vera “zavorra” del Pil, in questo momento, è costituita dagli investimenti che è impensabile possano riprendere con energia in assenza di un sostanziale aumento dei consumi privati. Solo le imprese prevalentemente esportatrici hanno infatti la possibilità e l’interesse a investire, mentre quelle che producono principalmente per il mercato domestico vivono un notevole disagio e hanno consistenti eccessi di capacità produttiva. Il Governo deve sostenere dunque la ripresa dei consumi interni, favorendo di conseguenza la produzione e gli investimenti delle imprese, e sbloccare l’edilizia: solo una netta ripartenza dell’industria manifatturiera e delle costruzioni (nel settore privato e in quello pubblico) può generare una adeguata scossa per la ripresa.
Altro elemento cardine per la ripresa è l’export, una carta vincente su cui il Governo deve puntare con decisione, come già stanno facendo il ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi e il vice ministro Carlo Calenda. Il piano punta non solo a rafforzare la presenza dei prodotti italiani sui mercati emergenti, ma anche a espanderla su quelli più consolidati. Un caso per tutti quello degli USA, dove le nostre imprese stanno già ottenendo incredibili successi. I dati dell’export italiano verso gli Stati Uniti evidenziano infatti un nuovo record di vendite e una crescita superiore al 6% tra gennaio e maggio, che proietta per fine anno un valore assoluto di oltre 28 miliardi di euro. Uno sviluppo trainato dalla ritrovata forza dell’economia statunitense, con l’effetto congiunto di spingere gli acquisti sia di beni strumentali che di prodotti di consumo: dai macchinari al lusso, dallo stile ai prodotti alimentari, dal design al vino. Si tratta di aree in cui il Made in Italy non solo aumenta le vendite in valore assoluto, ma è anche in grado di conquistare consistenti spazi di mercato a danno della concorrenza.
Altro dato di straordinario rilievo è il surplus commerciale dell’Italia con l’estero (esclusa l’energia), che nel primo trimestre 2014 per la prima volta ha superato quello del Giappone, proiettandoci al quarto posto assoluto al mondo preceduti da Germania, Cina e Corea del Sud.
Altrettanto significativi sono gli ultimi dati dell’Organizzazione Mondiale del Commercio che evidenziano come, tra i Paesi del G-7, la quota di mercato dell’Italia nell’export mondiale di manufatti abbia avuto la miglior tenuta – dopo quella tedesca – dalla nascita dell’euro sino al 2013. Numeri che confermano l’importanza di mettere saldamente al centro della politica economica italiana lo sviluppo dell’industria e che sono stati resi possibili soprattutto per merito dell’intraprendenza sui mercati mondiali del nostro nucleo di piccole e medie imprese.
«La crescita può arrivare solo dalle imprese, che vanno messe nelle condizioni di essere più competitive per intercettare quella domanda internazionale di Italia che già c’è e non bisogna creare dal niente. Questo farà aumentare occupazione e consumi interni. Non ci dobbiamo inventare nulla, è quello che ha già fatto la Germania». È ciò che sostiene il vice ministro dello Sviluppo Economico, il quale non ha dubbi sulle nostre possibilità di ripresa, perché l’Italia «è il Paese con il maggiore potenziale di crescita inespresso… entro il 2030 ci saranno 800 milioni di consumatori in più che chiederanno di comprare anche il nostro Made in Italy». Per non mancare questo obbiettivo le nostre PMI devono essere in grado di investire in innovazione e puntare sull’eccellenza del Made in Italy.
Un esempio virtuoso è quello di Brunello Cuccinelli, presidente e fondatore dell’omonimo marchio umbro, che conferma una crescita a doppia cifra per utili e fatturato nell’esercizio 2014. «Sono ottimista non solo per la mia azienda ma per l’Italia – sostiene Cucinelli – e credo che con la creatività e con la capacità di produrre che abbiamo le prospettive non siano affatto negative. Anche perché nel mondo siamo visti bene ed è riconosciuta la nostra capacità di fare prodotti di grande valore artigianale». Il riscontro positivo dei clienti internazionali è evidente dalla crescita del 15% che l’estero registra nel fatturato semestrale di Cucinelli (con vendite fuori Italia ormai prossime all’ 80% del fatturato).
Dall’indagine annuale dell’Osservatorio PMI di Global Strategy, presentata a fine luglio scorso, si evidenzia come in Italia esista un gruppo di aziende che, nonostante operi in settori maturi, abbia scelto da tempo di puntare su innovazione e internazionalizzazione riuscendo a contrastare gli effetti della crisi grazie alla tenacia degli imprenditori e alla sorprendente flessibilità e dinamicità nel riadattare le strategie operative per raggiungere i propri obiettivi. Quest’anno sono 327 le aziende che hanno passato la selezione registrando tassi di crescita medi annui del fatturato tre volte superiori rispetto all’universo delle PMI (+10% vs. +3%) e un reddito operativo che è cresciuto nel periodo 2008-2012 di ben il 19% medio annuo. Un’eccellenza che trova conferma anche nella capacità di generazione di cassa (rapporto PFN/Ebitda pari a 0,4 contro 2,6 del resto delle PMI nel 2012) e nel ritorno sugli investimenti (ROI 2012 pari a 12,1%).
Si tratta di imprese che operano prevalentemente in settori maturi (oltre il 30% appartiene alla meccanica e alla metallurgia), dalla forte vocazione globale (quasi il 40% del loro fatturato è all’estero) e fortemente orientate all’innovazione (investono il 5% del loro fatturato in ricerca e sviluppo). In generale, sembra che la crisi abbia premiato le imprese più dinamiche e veloci nel riuscire a comprendere dove i mercati stanno andando e come si stanno modificando. Inoltre, per competere in un mercato globale e in rapida evoluzione, il ricorso alle tecnologie digitali è diventato una necessità.

Articolo pubblicato sulla rivista ANDAF di Ottobre 2014