Di Paolo Bertoli
(dal web, dal Sole 24 Ore, Corriere della Sera e Repubblica)
A fine maggio 2012 l’Aula del Senato ha dato il via libera, dopo quattro fiducie consecutive, al Ddl per la riforma del mercato del lavoro. Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Elsa Fornero e il Presidente del Consiglio Mario Monti hanno accolto con soddisfazione questo risultato: «È una riforma di profonda struttura – ha affermato Monti – che è stata accompagnata,come è normale, da dibattiti intensi e diverse prese di posizione e che ha ricevuto il parere favorevole di organismi internazionali imparziali come Ue, Ocse, Fmi». Secondo il Ministro Fornero si tratta di «un tassello importante di una riforma di più ampio spettro che deve interessare molti altri
aspetti del vivere e dell’operare in Italia e nel mondo. Aspetti che riguardino il lavoro e le attività produttive, in modo che sia possibile lavorare e investire in Italia».
In totale sono 77 gli articoli contenuti nel disegno di legge:
dalle misure per accrescere la flessibilità in entrata e in uscita, al nuovo sistema di ammortizzatori sociali (l’Aspi, che dal 2017 sostituirà l’indennità di mobilità e le varie indennità
di disoccupazione), alla tutela della maternità e della paternità, al salario di base per i collaboratori a progetto, alla possibilità per il lavoratore (in via sperimentale fino al
2015) di incassare l’assicurazione sociale per l’impiego in un’unica soluzione, così da recuperare le risorse per avviare un’attività di lavoro autonomo.
Cambia l’articolo 18, che ora prevede la conciliazione obbligatoria per i licenziamenti economici individuali (che non potrà più essere bloccata da una “finta” malattia del lavoratore)e limita la discrezionalità del giudice nella scelta tra reintegro e indennità in caso di licenziamenti disciplinari senza giusta causa. L’eventuale reintegro sarà stabilito, inoltre, sulla base delle “tipizzazioni” dei contratti collettivi e quindi non più dalla legge. I disoccupati che non dovessero accettare un’offerta di lavoro con retribuzione superiore almeno del 20% perderanno automaticamente l’indennità, mentre il bonus produttività viene confermato a regime dal 2012 e viene assegnata al Governo una delega per introdurre la cd. compartecipazione dei dipendenti agli utili dell’impresa. In arrivo anche linee guida specifiche concordate tra Stato e Regioni sull’apprendimento permanente con l’obiettivo di dar vita a «una dorsale informativa unica» mediante l’interoperabilità della banche dati centrali e territoriali.
Ora le «norme vanno interiorizzate o rischiano di restare lettera morta» ha dichiarato Elsa Fornero, che ritiene sia stato trovato “un compromesso equilibrato” sull’articolo 18, che adesso risponde agli standard europei. Il Ministro ha anche risposto alle critiche avanzate dal neo presidente di Confindustra Giorgio Squinzi: «Non si può pensare che il Ministro dell’Economia sia contro le imprese. Tutto il Governo sa bene quanto sia essenziale che le imprese considerino importante restare in Italia, investire e alzare la qualità delle strutture produttive. Sicuramente noi operiamo per questo. Ma la riforma è fatta per far funzionare meglio il mercato del lavoro, che non riguarda solo una parte ma tutte le famiglie e tutte le imprese, che spesso però non hanno gli stessi interessi. Il Governo si è proposto di trovare una sintesi equilibrata».
Articolo pubblicato sulla rivista ANDAF di Luglio 2012