Di Paolo Bertoli
(dal Sole 24 Ore)
Per uscire dalla crisi, la manovra finanziaria – approvata al Senato e che ora, con il probabile voto di fiducia, sarà approvata anche alla Camera – vede tra i suoi punti nodali la lotta all’evasione con misure sempre più rigide per contrastare i reati fiscali. L’obiettivo è recuperare le coperture necessarie alla quadratura dei conti pubblici dopo la cancellazione del contributo di solidarietà e la limatura dei tagli ai comuni, perseguendo chi evade o paga solo parzialmente le tasse. L’ammontare dell’evasione fiscale nel nostro Paese è stimato infatti tra 120 e 130 miliardi di euro all’anno.
La lotta all’evasione in Italia è diventata negli ultimi anni una “terza via” rispetto alla riduzione della spesa pubblica, come sottolineato dalla Corte dei Conti nell’ultimo rapporto di coordinamento della finanza pubblica, proprio per non deprimere il sistema produttivo – che cerca di recuperare mercato e margini di competitività – e per non penalizzare la domanda interna del Paese. Tra le novità più significative ci sono le soglie più basse per le denunce: per esempio chi mancasse di presentare la dichiarazione annuale relativa alle imposte sui redditi o all’Iva, rischia il carcere da uno a tre anni se l’ammontare complessivo dell’evasione sarà superiore a 30mila euro.
Le norme anti-evasione, proposte nella manovra in approvazione, hanno destato perplessità da parte di Confindustria che pur riconosce come obiettivo condiviso l’importanza di una seria lotta alla frode fiscale e contributiva. Due in particolare i dubbi espressi dall’Associazione degli industriali: innanzitutto la norma che considera presuntivamente società di comodo le imprese in perdita per tre anni consecutivi e, in materia di reati tributari, le misure previste per l’infedele dichiarazione.
Nel primo caso, considerato l’attuale scenario di crisi economica, sono molte le aziende che si trovano in perdita da diverso tempo e che, conseguentemente, non possono essere ulteriormente penalizzate e considerate come società non operative. Per sanzionare penalmente l’infedele dichiarazione, invece, l’illecito andrebbe rapportato all’effettiva entità dell’evasione e al dolo specifico perché altrimenti – secondo Confindustria – si rischia soltanto di ingolfare ancora di più il nostro sistema giudiziario già vicino al collasso, generando crescente incertezza per tutte le imprese.
Non è per solo Confindustria a esprimere perplessità riguardo la manovra del governo. Sono dure anche le parole di Luigi Abete, Presidente di Assonime e di Bnl, che propone un programma di crescita in 5 punti: «… nel dibattito di questi giorni c’è chi dice che è necessario vendere il patrimonio immobiliare dello Stato e degli enti locali, chi chiede di accelerare sull’innalzamento dell’età pensionabile, chi sostiene le ragioni della privatizzazione e liberalizzazione dei servizi pubblici locali, chi scommette sulle infrastrutture per rilanciare la domanda interna, chi punta sulla riforma fiscale nelle sue varie articolazioni. Ma la verità è che questi interventi servono tutti insieme. Nessuno ha il coraggio di dirlo, perché ciascuno sostiene solo quello che non fa male al proprio elettorato».
Articolo pubblicato sulla rivista ANDAF di Ottobre 2011