Di Paolo Bertoli
Nel 1634 alcuni banchieri olandesi, per la grande passione di quel popolo per i tulipani, crearono un’opzione d’acquisto – quella che oggi viene chiamata opzione call – destinata ai commercianti, che conferiva il diritto di acquistare, entro una data prestabilita, un certo numero di bulbi ad un prezzo predeterminato. Si creò così un mercato virtuale, sulla carta, totalmente slegato dal prezioso fiore. Inspiegabilmente, il valore di queste opzioni crebbe di mese in mese in modo incredibile. E tutta la popolazione partecipò a questa speculazione. Il meccanismo proseguì per più di due anni, raggiungendo quotazioni esorbitanti prima di un crollo di questo mercato. Anche se si era molto lontani dalle moderne crisi monetarie, la “bolla dei tulipani” è un modello di riferimento che non ci sembra per nulla nuovo!
Alla base delle grandi bolle speculative c’è sempre un particolare clima che le determina e le alimenta. Quali sono le condizioni che hanno determinato la “bolla” esplosa l’anno scorso in America con la crisi dei mutui sub-prime? E quella dei derivati in Italia? Miraggio di un guadagno facile? Debolezza nel sistema dei controlli interni delle aziende? Questione etica? Euforia finanziaria?
Oggi le imprese ed i regulator hanno maggiori responsabilità rispetto al tempo delle opzioni call sui tulipani. In una economia globale – dove non solo le opportunità ma anche i rischi diventano “globali” – occorre infatti porre la massima attenzione a questi fenomeni. Probabilmente supereremo questa enorme crisi dei sub-prime, ma ciò non toglie che sia necessaria qualche riflessione più approfondita tentando di dare risposta ad alcune domande:
- gli operatori del mercato erano a conoscenza delle componenti di rischio (sia proprio, che quello trasferito alla clientela) insite nei prodotti derivati acquistati e/o immessi sui mercati?
- in un sistema globale come quello attuale il cosiddetto rischio controparte, ovvero il rischio che un operatore ha per la possibile insolvenza di una controparte, era stato correttamente calcolato?
- per quale motivo alcuni imprenditori – affermati, equilibrati e prudenti nella gestione delle loro aziende – continuano ad acquistare strumenti derivati che nulla hanno a che vedere con la necessità di coperture dei rischi dell’impresa?
- cosa spinge pubblici amministratori ad effettuare spericolate operazioni finanziarie, del tutto speculative, assumendo così rischi che sono completamente al di fuori dell’attività dell’Ente?
- ed ancor peggio, per quale motivo piccoli investitori, che nemmeno conoscono questi sofisticati (e scivolosi) strumenti finanziari, decidono di acquistarli?
Sono queste tutte domande, forse un po’ pretestuose, che fanno capire che qualcosa non va!
Lo spazio a me consentito è terminato, quindi concludo con una riflessione: ricordando la famosa frase di Bernardo di Chartres “siamo nani sulle spalle dei giganti”, è mai possibile che la storia non ci insegni nulla? Eppure abbiamo tutti letto la favola (ma era una favola?) in cui il gatto e la volpe proponevano al caro Pinocchio di seppellire i suoi risparmi per far nascere l’albero degli zecchini!
Editoriale pubblicato sulla rivista ANDAF di Aprile 2008