di Paolo Bertoli
Si è concluso anche questo 2019, anno certamente impegnativo e denso di avvenimenti, ed eccoci giunti ai buoni propositi per il 2020.
Sono trascorse poche ore dal magnifico concerto tributo in ricordo di Lucio Dalla cui hanno partecipato a Roma i Soci ANDAF del centro Italia. L’ultima canzone dell’evento “Caro amico ti scrivo” ha ispirato queste mie righe, in particolare il passaggio in cui Lucio recita «[…] l’anno vecchio è finito ormai, ma qualcosa ancora qui non va».
Si tratta di uno tra i più grandi capolavori del nostro cantautore, che idealmente concludeva gli anni ‘70 e che – nonostante siano trascorsi oltre quarant’anni – resta ancora oggi di straordinaria attualità: «Ma la televisione ha detto che il nuovo anno porterà una trasformazione […] e ogni Cristo scenderà dalla croce, anche gli uccelli faranno ritorno […] ci sarà da mangiare e luce tutto l’anno …]». Per adattarlo al nostro contesto è sufficiente sostituire “televisione” con “internet”, ma tutto il resto rimane valido e assolutamente attuale. Vi si ritrova infatti il fil rouge che contraddistingue il nostro tempo. Il nostro mondo, le nostre imprese, i nostri manager, i nostri figli, noi stessi stiamo vivendo un momento di grande cambiamento culturale; poco importa a cosa sia dovuto e perché. Conta solo il fatto che il futuro sarà profondamente diverso dal passato: dobbiamo prendere definitivamente atto che cambiare non è un’opzione ma una necessità per sopravvivere.
Se guardiamo, ad esempio, alla nostra professione, possiamo notare che i manager – e tra questi in primis i CFO – si sono progressivamente trasformati da “gestori” a “creatori di valore”, mutamento che presuppone un ruolo di “interprete” per comprendere ciò che accade e di conseguenza per progettare nuovi scenari. Immaginare e poi creare nuovi modelli di business, cogliere le opportunità che nascono dalla trasformazione digitale, mettere a punto efficaci e tempestivi strumenti di analisi, anticipare i cambiamenti negli stili di consumo, identificare e gestire i nuovi rischi: tutto questo è creazione di valore. La missione 2020 dei CFO, italiani e internazionali, sarà sempre di più trasformare dati in informazioni utili per assumere decisioni consapevoli.
E parlando di cambiamento, per ritornare alle parole di Lucio Dalla «[…] l’anno vecchio è finito ormai, ma qualcosa ancora qui non va», sono molte le cose che ancora non vanno e che è necessario modificare. Mi riferisco a coloro che governano il nostro mondo, alle istituzioni e a noi stessi, all’incapacità di comprendere che la nostra generazione si trova a un bivio: da una parte lo sviluppo sostenibile, dall’altra una via di non ritorno. Penso in particolare al nostro ecosistema, all’etica del business, alla povertà di molti popoli, alle guerre, a un sistema di giustizia che di giustizia non si nutre abbastanza. Molto è stato fatto, ma c’è ancora tanto da fare. Proprio in quest’ottica le più importanti imprese del mondo stanno adottando una visione strategica che guarda
allo sviluppo sostenibile: la Corporate Social Responsibility (CSR), e in quest’ambito le c.d. “non financial information” riscontrano infatti attenzione e interesse crescenti. In Italia, i dati presentati a ottobre 2019 per il Salone del- la CSR e dell’innovazione sociale indicano ambiente e territorio come principali declinazioni delle priorità in tutto l’ ambito nazionale e, in particolare, l’ accento è posto sulla necessità di ridurre inquinamento e rifiuti. Anche nel nostro Congresso Nazionale di Matera, che ha concluso i lavori a fine ottobre scorso, si è molto discusso di questi temi, come ci ricorda un interessante articolo presente in questo numero della rivista dedicato al rinascimento e all’umanesimo nell’era digitale, valori che sono fondamento della nostra identità.
È evidente come siano chiamate alla corresponsabilità non solo le imprese e i cittadini, che molto stanno facendo, ma anche gli uomini di cultura e di scienza, i nostri giovani ai quali a dire il vero abbiamo lasciato una scomoda eredità e, soprattutto, le istituzioni e i governanti perché senza una loro partecipazione convinta non è immaginabile sperare in un futuro migliore. Ma sono proprio le nostre istituzioni che, invece, pare si ostinino a non comprendere che abbiamo di fronte situazioni che richiedono interventi immediati e non procrastinabili. È, dunque, indispensabile – anziché costruire muri, inserire dazi, modificare all’infinito le regole, aumentare le pene – agire tempestivamente rinunciando ad atteggiamenti egoistici per condividere soluzioni di più ampio respiro e, in primo luogo, curare le cause e non gli effetti.
Penso, ad esempio, alla drammatica situazione dei migranti, che è evidente potrà risolversi soltanto cercando di affrontare – costi quello che costi – il problema all’origine, o anche solo a provvedimenti incomprensibili come la recente proposta di eliminazione della prescrizione del reato, invece di provvedere ad assicurare un modello di giustizia che abbia tempi ragionevoli. Il futuro passa quindi per l’acquisizione, da parte dei nostri Governi e degli uomini di pensiero, di una maggiore consapevolezza dei gravi problemi che stiamo vivendo, affinché venga messo in atto ogni sforzo per trovare le giuste risposte.
Quelli che spesso vediamo oggi sono inoltre cambiamenti solo apparenti, che restano in superficie, più di forma che di sostanza. È dunque alle trasformazioni sostanziali che dobbiamo guardare. Un cambiamento che certamente interessa anche la sfera personale di ciascuno di noi ma che so- lo se sarà autentico e profondo, oltre che sempre più diffuso e contagioso, consentirà di sovvertire e invertire una tendenza negativa disinnescando inoltre le derive autoritarie, l’ignoranza e l’odio che purtroppo in questi ultimi anni vediamo non di rado riaffiorare nel nostro mondo, nella nostra Europa e, purtroppo, anche nel nostro Paese.
E, come racconta Lucio, dobbiamo quindi comprendere «[…] cosa si deve inventare per poterci ridere sopra, per continuare a sperare!»
Articolo pubblicato sulla rivista ANDAF Magazine di gennaio 2020